ABORTED - THE NECROTIC MANIFESTO


Ecco che i maestri del death/grind post Carcass tornano a distanza di due anni dal precedente "Global Flatline"; una letterale mattonata che ha saputo stravolgere i pareri della critica, diventando uno dei migliori dischi post "Goremageddon".
Oramai si sa che gli Aborted rilasciano di media un disco ogni due anni, e puntualmente rieccoli con questo nuovo "The Necrotic Manifesto". A differenza del precedente "Global Flatline", questo "The Necrotic Manifesto" a mesi di distanza dal rilascio non mi ha quasi per nulla entusiasmato, forse perché già vedendo una cover così scialba e poco curata e forse perché dai belgi non mi aspetto più chissà cosa, l'attesa non è stata di quelle ossessive. Il primo ascolto si rivela un misto tra noia ed episodi medio-alti, nulla di che insomma. Dopo molteplici ascolti ed una immancabile spolverata alla discografia mi rendo subito conto di quanto i riff su questo nuovo capitolo siano messi in secondo piano e soprattutto di quanto siano più scarni e confusionari, senza dimostrare un notevole impatto o un fattore catchy immancabile visti i precedenti. Da questa ipotesi mi rendo subito conto che la mia teoria iniziale era giusta, gli Aborted non hanno più nulla da dimostrare. Anche la durata statica sugli oltre 40 minuti non aiuta, infatti avrei di gran lunga preferito un lavoro più breve e conciso che non chiedesse nessuno sforzo all'ascoltatore, così da poterlo riascoltare più e più volte senza subire tracce filler o intermezzi di parlato prettamente inutili.
Per il resto il disco, sia per quanto riguarda il sound e la voce, suona senza dubbio Aborted; per capire che stiamo parlando ancora dei belgi, basta sentire gli assoli ed il growl di Sven, graffiante ed identico ai precedenti lavori. Per cui almeno lo stampo e lo stile oramai subito ricollegabile a loro c'è e si sente fin dai primi minuti. Inoltre abbiamo un rimando, che definirei più un tributo, ai Carcass, presente in "Coffin Upon Coffin", con un intro ed un growl riconducibile subito agli alfieri di Liverpool del death/grind. Insieme alla title track probabilmente uno degli episodi più alti dell'intero full. Arrivati a quest'ultima traccia, il disco risulta veramente una mazzata micidiale, che non lascia tregua, il problema infatti è da qui in poi: 7 tracce poco convinte, che riprendono in parte da ciò che abbiamo appena sentito nelle precedenti, dove la presenza di filler è maledettamente evidente; ecco perché un taglio sulla durata avrebbe favorito senz'altro un adattamento più ideale.
Non basta chiamarsi Aborted per sfornare ancora album degni di nota, ci vogliono idee solide e soprattutto evitare di cadere in una ripetitività o staticità che porterebbe a scartare un disco, nonostante gli evidenti ed innegabili episodi positivi.







Marco Gattini



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