I Behemoth necessitavano di un cambiamento. Non si possono
fare quattro album a fila praticamente uguali , senza cambiare una virgola, e pensare
di poter mantenere il proprio status di band culto. I Behemoth sono Nergal e
Nergal, Adam, come volete chiamarlo, ne ha passate molte in questi anni tra
mondanità e poca salute.
Ce lo aveva anche detto che sarebbe stata una rivoluzione ed
eccola qua. Quello che colpisce è la destrutturazione dei brani, ridotti
all’osso, scheletri ed impalcature di poco conto che vengono però
sovraccaricati da una marea di sinfonie ed armonizzazioni causate in primis da orchestrazioni
molto vive. Le chitarre molte volte fanno spessore e poche volte ci mettono il
proprio con dei riff importanti. Se vogliamo trovare l’unica vera cosa che
stona nel maelstrom titanico assemblato dal combo polacco questa sono gli “assoli
Hard Rock”. Una spina nel fianco e fastidiosissimi per quanto mi riguarda.
Tutto il resto, struttura e sovrastruttura, possono piacere o meno ma hanno un continuum, un senso e funzionano. Che poi il fatto che una cosa funzioni non significa che essa sia buona (vedi tangentopoli) è tutt’altro discorso. Non tento di vedere il bicchiere mezzo pieno perché sono i Behemoth ma bisogna essere oggettivi. Probabilmente è un album che farà amare i Behemoth a chi non li ha mai amati ma allo stesso tempo farà perdere molti fan di vecchia data. Fatto sta che una canzone come Ora Pro Nobis Lucifer è uno di quei High che potresti porre su qualunque cd della loro discografia e risulterebbe sempre uno dei picchi.
Questo ci fa capire che forse non è tanto sbagliato l’approccio che si è intrapreso quanto il modus operandi di Nergal il quale ha forzato la mano per un cd che non è riuscito a gestire perfettamente nel momento che voleva rendere più “pop” il sound. Il primo riff di Blow Your Trumpets, Gabriel nella sua ritmica viene ripetuto 32 volte prima del suo stacco e successivamente viene ripreso. Questo non è un errore di interpretazione del sound , tipo Illud Divinum Insanus, qui Nergal ha voluto sperimentare e non tutte le ciambelle sono venute col buco. Ha tentato qualcosa di nuovo e nell’imprevedibilità del risultato sono uscite anche canzoni non propriamente okay come la titletrack
Sono gestite male alcune volte anche le varie forze del cd con troppi mid tempo fangosi e blast beat innocui, Amen è forse l’unica traccia che riesce a darti un cazzotto in pieno volto di quelli che ti distruggono la mandibola e chiede “perché?” Il problema è che essa è 1 su 9. Ci aspettiamo dai Behemoth sia la canzone catchy, il singolone, la bordata brutal death, il monolite da 7 minuti, la canzone col super solo ecc. Non è detto che ogni elemento deve essere ripetuto in ogni album allo stesso modo come si è fatto da Zos Kia Cultus in poi. Sarebbe bastata una via di mezzo. Sarebbe bastato un cd che avesse saputo mediare tra il vecchio ed il nuovo non per impreparazione ad un cambiamento da parte mia, o di un altro ascoltatore, quanto per far capire a Nergal cosa andava bene e cosa poteva essere rivisto o scartato. Si può dire però che il cd a parte gli assoli funziona nel suo insieme. C’è gran rammarico per tutti quei momenti a vuoto qua e là che minano un ascolto che se no sarebbe stato assai confortante per un cd Death Metal. Al contrario di quanto ci si aspetta non servono molti ascolti per coglierne l’anima.
E’ così che mi tocca giungere a delle conclusioni esaustive riguardanti The Satanist. Inutile commentare le liriche e i temi trattati. La cornice creata, l’immaginario che la copertina, la musica, l’abbigliamento e i suoni danno è da applausi. Il cd inciampa in degli scivoloni evitabilissimi con una maggiore attenzione che Nergal ha trascurato a mio modo di vedere per eccesso di Hubris. Perdonabile? Assolutamente si. Ovviamente anche per Nergal vale il principio “Errare è umano, perseverare è diabolico” e anche se ti chiami “The Satanist” la scusa non regge due volte. [Edoardo Del Principe]
Tutto il resto, struttura e sovrastruttura, possono piacere o meno ma hanno un continuum, un senso e funzionano. Che poi il fatto che una cosa funzioni non significa che essa sia buona (vedi tangentopoli) è tutt’altro discorso. Non tento di vedere il bicchiere mezzo pieno perché sono i Behemoth ma bisogna essere oggettivi. Probabilmente è un album che farà amare i Behemoth a chi non li ha mai amati ma allo stesso tempo farà perdere molti fan di vecchia data. Fatto sta che una canzone come Ora Pro Nobis Lucifer è uno di quei High che potresti porre su qualunque cd della loro discografia e risulterebbe sempre uno dei picchi.
Questo ci fa capire che forse non è tanto sbagliato l’approccio che si è intrapreso quanto il modus operandi di Nergal il quale ha forzato la mano per un cd che non è riuscito a gestire perfettamente nel momento che voleva rendere più “pop” il sound. Il primo riff di Blow Your Trumpets, Gabriel nella sua ritmica viene ripetuto 32 volte prima del suo stacco e successivamente viene ripreso. Questo non è un errore di interpretazione del sound , tipo Illud Divinum Insanus, qui Nergal ha voluto sperimentare e non tutte le ciambelle sono venute col buco. Ha tentato qualcosa di nuovo e nell’imprevedibilità del risultato sono uscite anche canzoni non propriamente okay come la titletrack
Sono gestite male alcune volte anche le varie forze del cd con troppi mid tempo fangosi e blast beat innocui, Amen è forse l’unica traccia che riesce a darti un cazzotto in pieno volto di quelli che ti distruggono la mandibola e chiede “perché?” Il problema è che essa è 1 su 9. Ci aspettiamo dai Behemoth sia la canzone catchy, il singolone, la bordata brutal death, il monolite da 7 minuti, la canzone col super solo ecc. Non è detto che ogni elemento deve essere ripetuto in ogni album allo stesso modo come si è fatto da Zos Kia Cultus in poi. Sarebbe bastata una via di mezzo. Sarebbe bastato un cd che avesse saputo mediare tra il vecchio ed il nuovo non per impreparazione ad un cambiamento da parte mia, o di un altro ascoltatore, quanto per far capire a Nergal cosa andava bene e cosa poteva essere rivisto o scartato. Si può dire però che il cd a parte gli assoli funziona nel suo insieme. C’è gran rammarico per tutti quei momenti a vuoto qua e là che minano un ascolto che se no sarebbe stato assai confortante per un cd Death Metal. Al contrario di quanto ci si aspetta non servono molti ascolti per coglierne l’anima.
E’ così che mi tocca giungere a delle conclusioni esaustive riguardanti The Satanist. Inutile commentare le liriche e i temi trattati. La cornice creata, l’immaginario che la copertina, la musica, l’abbigliamento e i suoni danno è da applausi. Il cd inciampa in degli scivoloni evitabilissimi con una maggiore attenzione che Nergal ha trascurato a mio modo di vedere per eccesso di Hubris. Perdonabile? Assolutamente si. Ovviamente anche per Nergal vale il principio “Errare è umano, perseverare è diabolico” e anche se ti chiami “The Satanist” la scusa non regge due volte. [Edoardo Del Principe]
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