Yob - Clearing the Path To Ascend


Anche oggi come l'ultima volta che mi son messo a fare recensioni torniamo a parlare di Doom. Come per i Pallbearer anche gli YOB non dovrebbero aver bisogno di troppe presentazioni visto che sono ben rinomati negli ambienti Stoner Doom come uno dei gruppi americani più interessanti degli anni 2000. Già con i loro titoli precedenti si erano fatti conoscere per il loro sound lentamente violento e possente, alle volte ai limiti dello Sludge, vocalizzi alternati tra un pulito, ma non troppo con veri e veri propri passaggi growl che si cristallizzavano in canzoni fluviali. A tre anni dall'ultima fatica, il monumentale Atma arriva il nuovo Clearing the Path To Ascend che si dimostra essere il degno erede del precedente, sviluppando alcuni temi che già erano iniziati ad affiorare su questo.


Tuttavia la prima cosa che vorrei dirvi è che rispetto ad Atma, Clearing The Path To Ascend mi sembra un disco lievemente più ``intimista''. Infatti in questo nuovo disco sono riprese e sviluppate diverse suggestioni già presenti per l'appunto nel disco precedente e portate alle estreme conseguenze. Se pensiamo infatti alla track finale di Atma ``Adrift in the Ocean'' ritroviamo nei brani di Clearing The Path To Ascend molti elementi comuni come l'uso di atmosfere acustiche e di un riffing che rimanda molto al Doom più classico (vabbe' dai diciamo che dopo un paio di ascolti sono ricaduto nel tunnel dei Pallbearer). Su questa ``svolta atmosferica'' (e le virgolette sono molto da sottolineare) interviene anche la produzione che smussa, direi intenziolamente, visto che il feeling non è per niente quello di un prodotto sciatto o non curato, le parti più massicce semi-Sludge in favore di un suono sì potente, ma in cui prevale atmosfera. Inoltre Clearing The Path To Ascend rispetto alla media dei dischi degli YOB presenta anche una certa ``condesazione delle canzoni'', nel senso che sebbene non siano qui presenti i brani più lunghi mai scritti dal gruppo, la lunghezza media è più elevata del solito, concentrando in soli quattro pezzi quello che la band ha da dirci. Soprattutto, tanto perché così mi contraddico un po' da solo, bisogna fare un menzione particolare della seconda traccia del disco, che è un po' un unicum nella discografia degli Yob, in cui si sentono influenze *core varie (c'è chi disse Metalcore, c'è chi come il sottoscritto magari azzarda un PostHardcore) e riescono a tenerlo su senza troppi problemi per undici minuti di fila! Certo poi per il resto del disco si applicano le considerazioni di cui sopra e sfido chiunque a non farsi rapire dalle atmosfere incantate (mo' esagero, ma concedetemelo) della finale Marrow. Un grosso debito va al Doom classico più puro e da qui nasce molta del fascino finale di questo disco, che capita proprio a fagiolo in un periodo in cui ci sta questo fenomeno del ``ritorno all'ordine'' o più semplicemente di ritorno all'ovile per gruppi che partendo da sottogeneri vari del Doom sono (anche se poi devo dirlo, sennò faccio la figura dell'ignorante lo Stoner esiste indipendentemente dal Doom...) lentamente tornati verso l'origine di tutto.


 Giorgio Gubbiotti


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