Ero in quello strano mondo chiamato “Internet” quando mi trovo davanti ad un disco di nome “CVLT”. “Che palle sti blackster” penso, “ma almeno avessero un po’ di originalità nel dare i nomi ai dischi”. E poi leggo lì sopra, nella descrizione del disco e del genere, quel prefisso “post” che sta ad indicare tante belle cose ma che può anche stare a significare “facciamo una roba inascoltabile ma la gente non ci capisce e quindi gli diamo st’ etichetta per sembrare intellettuali e maledetti”.
Ecco, la copertina mi colpisce un sacco e decido di ascoltare il disco. Innanzitutto partiamo dal presupposto che il post-black è sempre stato uno dei generi ad affascinarmi di più, ma anche a stancarmi spesso per la troppa ripetitività e le escursioni dark ambient che spesso si trovano al suo interno. Decido, quindi, di approcciarmi all’ album dei Phantom Winter in maniera abbastanza scettica. E indovinate un po’? Mi hanno sorpreso! Innanzitutto il full lenght inizia con “Corpses Collide” che è un ottimo pezzo, figlio di un sacco di band del genere passate, ma comunque un ottimo pezzo. Che cazzo, non si può essere sempre innovativi, l’ importante è far bene quel che si fa. Detto ciò il disco prosegue per i suoi “solo” 5 pezzi, dalla durata media di 8 minuti. Non è sicuramente un disco da far ascoltare ai profani insomma, e va capito man mano che l’ ascolto va avanti. Tuttavia, nella sua formula, ha comunque un certo spessore: l’arrangiamento dei brani e la loro freschezza sono difficili da trovare ultimamente. Forse il termine “post-black” sta un po’ stretto all’ album e al gruppo tedesco, perché le influenze specialmente doom (e anche drone a volte) e quasi hardcore sono marcatissime. In ogni caso non è assolutamente un capolavoro e non sarà ricordato come il miglior disco del 2015, ma è comunque godibile sotto un sacco di aspetti. Prendete un po’ di Deafheaven, fate far loro un bad trip, aumentate il loro autismo e fateli deprimere: otterrete questo
album.
Recensore: Sebastiano Liso
SENTENZA: CVLT TRV METLAVE BLACK
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