Horizon Ablaze - Dødsverk


Questo è l'anno delle recensioni facili per me.
I Norvegesi Horizon Ablaze sono come i numeri decimali del Pi greco. La domanda a cui nessuno può rispondere è "che cazzo suonano?". Progressive, Black Metal e Death Metal si mischiano per un continuum indefinito ed abbozzato da strutture irregolari, spigolose ma poco ingombrati. 33 minuti che fanno sentire tutta la loro pesantezza per un incedere mai troppo cacofonico ma sempre ai limiti dell'isteria per quanto riguarda il cantato. Da urla agghiaccianti stile Nattramn sino al pulito sporco di certi Satyricon, ovviamente includendo i più canonici scream e growl. Uno dei punti di maggiore distinzione di questo Dødsverk è la poliedricità di chi sta dietro al microfono capace di ricoprire un ampio spettro di soluzione facendole perfettamente integrare al sound glaciale e tenebroso del reparto strumentale. Se vogliamo cercare termini di paragone , se pur azzardati, il riffing e lo stile si canalizzano maggiormente su quello fatto da Deathspell Omega e Portal. Due mondi quasi all'opposto ma uniti da un principio di violenza indefinita. Assolutizzare però la proposta è troppo azzardato e non penso ci siano recensori che possano proporre una cornice perfetta per questa band senza incappare in similitudini forzate. Al secondo Full Lenght la band scandinava ha già scritto un piccolo pezzo di storia, non tanto personale quanto indicativo di dove il sottosuolo del metal estremo stesse andando durante questi anni.
Il futuro prevede la fusione totale dei generi estremi sino all'indistinguibilità più totale, mischiando tutti i colori sino a trovare il nero più abissale. La Norvegia da finalmente prova di potersi riabilitare nel metal moderno con band capaci di guardare non solo ai maestri del Black scandinavo ma andando assai oltre.
Peculiare e sicuramente da studiare con attenzione è il guitar working. Le varie tracce di chitarra sembrano seguire spesso fila diverse come nel caso dei Deathspell Omega trovando però in orecchiabili melodie i punti in cui legarsi nelle diverse canzoni.
A differenza dei Artificial Brain ed il loro Labyrinth Constellation i brani in questo Dødsverk hanno la capacità di catturarti e non lasciarti nell'ascolto passivo, dimostrano inoltre la possibile fusione tra un modo progressive ed estraniante di vedere il metal estremo e la capacità di dire le cose in modo sintetico, e quindi nel modo più efficace possibile. Nel 2014 forse c'è ancora spazio per qualcuno che possa dire qualcosa in più rispetto gli altri.



 Edoardo Del Principe

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