Spiegare in una recensione il percorso artistico di Casey Crescenzo è praticamente impossibile, tanto meno spiegare la saga degli 'Acts', saga che giunge al quarto capitolo dopo sei anni in cui il progetto era stato diretto verso lidi più semplicistici: un cantautorato pop-rock con orchestrazioni e richiami ai Queen. Proprio da questa direzione riparte la saga, oltre che dall'ostinata ricerca della melodia e dell'arrangiamento perfetto (croce e delizia anche di questo 'Act IV'), aggiungendo al cantautorato barocco degli ultimi sei anni le melodie operistiche dei primi tre atti, mescolandole con un formato da rock-opera con tanto di orchestra onnipresente. Il risultato è, anzi, sono 75 minuti di melodie concentrate, polifonie vocali, orchestrazioni e quindici tracce in cui non v'è un singolo attimo di respiro. La produzione è quanto mai elaborata e in eccesso. Dalle peripezie dei primi tre capitoli e dalla semplicità dell'ultimo periodo questo 'Rebirth in Reprise' si pone come ago della bilancia; se da una parte troviamo esponenti di uno (The Old Haunt e The Squeaky Whee per il primo periodo) e del altro (Wave, The Line e Wait per il secondo periodo) nel mezzo trovano spazio anche brani 'discutibili' come per esempio 'At the End of the Earth' e 'Is There Anybody Here?', pezzi da mestierante e riempitivi; 'King of Swords (Reversed)' invece risulta essere un tributo a quei musical americani usciti nei tardi anni '70, quando il musical americano era morto da più di ventennio e già si parlava di 'revival/reboot'. Arrivati al momento del conto, questo 'Act IV: Rebirth in Reprise' suona diverso e nuovo da qualsiasi altro album che la band abbia mai pubblicato; dalla rottura con gli stilemi canonici del progressive rock alle arie da opera-rock, dal chamber pop all'opera sinfonica, dalle suite al cantautorato, l'album da' una nuova visione, la visione del 2015 de i 'The Dear Hunter' che come sempre si discosta dai soliti mestieranti (loro coetanei) del genere.
Recensore: Federico Manciocchi
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