Recensione: Muse - Drones "Un drone per amico"

Prima di iniziare questa recensione vorrei ripercorrere un attimo la carriera del trio inglese: nel 1999 viene pubblicato, dopo anni di gavetta, il loro primo album Showbiz. Riuscirono, meritatamente, a catturare l’ attenzione di molti. Tuttavia si trattava solo del preambolo al loro capolavoro: Origin of Symmetry. Un disco capace di ottenere vastissimi consensi, grazie ai suoni quasi prog e alle sperimentazioni, sempre rimanendo in un terreno “mainstream”. Poco dopo scrissero un altro ottimo disco, Absolution. I segni di cedimento iniziarono in Black Holes and Revelations, ma nulla di eclatante. Ma è grazie a The Resistance che i Muse vennero finalmente consacrati a band da stadio, grazie all’ ottimo mix di pop e rock moderno e personale. Ed è qui che si crea un buco, un vero e proprio solco tra i vecchi dischi e i nuovi: The Second Law. Il disco risulta parecchio derivativo e decisamente inferiore rispetto alla media degli inglesi, nonostante abbia delle perle al suo interno. Dove voglio arrivare con questo preambolo? E’ molto semplice: i Muse sono nel pieno di una parabola discendente che continua a cadere precipitosamente. Drones è il loro nuovo disco, anticipato durante i mesi da alcune anteprime che comunque facevano ben sperare. Fino a quando fu pubblicato il primo singolo Psycho. Pezzo comunque non da buttare, per carità. Contiene alcuni ottimi riff e non gli si può dire nulla, rimane un buon pezzo, ma comunque inferiore alla media proposta dai Muse. E quindi? Il problema quale è? Il problema sono gli altri pezzi, di una mediocrità imbarazzante. Il disco è formato da brani pieni di influenze poco omogenee, dai Queen agli U2 ai Rage Against the Machine al pop estremamente generico e male assortito. Gli unici pezzi realmente salvabili sono due: The Handler e Psycho. Salverei anche Reapers molto volentieri, se non fosse che quei riff sono stati scritti una ventina di anni fa da Tom Morello&co. Seriamente, c’è un limite tra ispirazione e copia copia fine a sé stesso. Proseguendo nella tracklist possiamo “ammirare” alcuni tra i pezzi peggiori scritti dal trio, che sembrano delle vere e proprie prese per il culo ai fan. Cioè, cosa rappresenta Revolt? Una versione Muse di High School Musical? Ma per piacere. Infine, mi sono tenuto un pezzo in particolare per ultimo: The Globalist. I Muse ci hanno dimostrato che pezzi molto lunghi riescono a scriverli senza troppe difficoltà mantenendo un livello piuttosto alto: mi viene in mente la ormai vecchia Citizen Erased (che probabilmente vale entrambi gli ultimi dischi messi insieme) ma anche la suite più recente Exogenesis. Ecco, qui ci dimostrano esattamente il contrario. Ci sono ben 10 minuti di NULLA ASSOLUTO. Né uno spunto, né una linea degna di nota, niente di niente. C’ era davvero bisogno di allungare a 10 minuti una canzone che sarebbe potuta finire in 3-4 minuti? I Muse non sono finiti, le capacità le hanno (anche non dimostrandole affatto in questo “Drones”), ma questo è davvero il loro peggior disco. Hanno scavato il fondo. Chissà se hanno lasciato le loro abilità artistiche a Wembley durante le registrazioni del live “HAARP”, perché seriamente, se ci sono è arrivato il momento di sfoggiarle e uscire le palle, e non fare un disco per ragazzine. Il voto? 2. Come le canzoni salvabili dell’ album (e son stato generoso).



                                      Sentenza: YOUR ASS BELONGS TO WARNER BROS.

1.    Dead Inside
2.    [Drill Sergeant]
3.    Psycho
4.    Mercy
5.    Reapers
6.    The Handler
7.    [JFK]
8.    Defector
9.    Revolt
10.  Aftermath
11.  The Globalist
12.  Drones   


Recensore: Sebastiano Liso
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